Svezia. I bambini svedesi che sono tornati a scuola erano attesi da una sorpresa: al posto dei tablet e dei dispositivi digitali introdotti negli anni passati nella convinzione che migliorassero l’apprendimento, hanno trovato libri di carta, quaderni, fogli e penne che usavano i loro genitori. Il nuovo ministro dell’Istruzione, Carlotta «Lotta» Edholm, in carica da 11 mesi nella coalizione di centro-destra, ha deciso di tornare ai vecchi sistemi di insegnamento, invertendo una tendenza che aveva portato i tablet già nelle aule delle scuole materne. «Gli studenti svedesi hanno bisogno di più libri di testo e di meno computer», aveva annunciato a marzo Edholm. A convincere il governo a riportare nelle scuole tempi di lettura più tranquilli, con la scrittura a mano dei testi in bella calligrafia e le ricerche fatte sui libri e non più online, sono stati i risultati di un’indagine internazionale che si ripete ogni cinque anni, e che misura l’abilità di lettura degli studenti tra i nove e i dieci anni di età. La ricerca, che si chiama Progress in International Reading Literacy Study (PIRLS), ha evidenziato già nel 2021 che i bambini svedesi che frequentano la quarta elementare hanno ottenuto una media di 544 punti, un valore che risulta in calo rispetto ai 555 del 2016. Pirls esamina gli scolari nella fase in cui passano dall’«imparare a leggere» al «leggere per imparare» e misura di fatto la loro capacità di utilizzare la lettura per apprendere nuove nozioni.
LO STUDIO
Il calo è stato attribuito da diversi esperti proprio all’eccessivo utilizzo di strumenti digitali che lasciano sempre meno tempo alla riflessione e alla necessità di fare propria la conoscenza con la lentezza che questo processo mentale richiede.
La riduzione dell’abilità di lettura degli studenti svedesi li mantiene comunque in un’ottima posizione nel mondo, il settimo posto a fianco di Taiwan, dietro a Singapore, che guida la classifica con 587 punti, a Hong Kong, Federazione Russa, Inghilterra, Finlandia e Polonia. L’Italia (537) è un po’ più indietro, ma precede Germania, Francia, Austria e Portogallo.
LE NUOVE REGOLE
Edholm ha detto di voler porre fine a ogni forma di insegnamento digitale per i bambini sotto ai sei anni, in modo da non compromettere la loro capacità di apprendimento: i tablet nelle scuole materne, a suo giudizio, hanno portato a un forte declino delle competenze di base, anche da parte degli insegnanti che spesso affidano principalmente ai computer il ruolo didattico che toccherebbe a loro svolgere.
IL DIBATTITO
La decisione del governo non è ovviamente piaciuta a tutti, e si teme che i bambini trovino a scuola un ambiente noioso e antico che non corrisponde alla realtà del mondo circostante, più dinamica e divertente. Si è pensato anche che il calo nella capacità di lettura fosse dovuto al Covid o all’arrivo di molti bambini immigrati che non parlano ancora bene lo svedese, ma Lotta Edholm ha replicato alle critiche citando una ricerca del Karolinska Institutet, una delle più importanti università di medicina al mondo, quella che seleziona ogni anno il vincitore del Premio Nobel: «Ci sono chiare prove scientifiche che gli strumenti digitali compromettono piuttosto che migliorare l’apprendimento degli studenti. Riteniamo che l’attenzione dovrebbe tornare all’acquisizione di conoscenze attraverso libri di testo stampati e competenze degli insegnanti, piuttosto che acquisire conoscenze principalmente da fonti digitali liberamente disponibili che non sono controllate per l’accuratezza».
L’UNESCO
La stessa preoccupazione è stata manifestata recentemente dall’Unesco, che in agosto ha pubblicato un rapporto nel quale ha lanciato «un appello urgente per un uso appropriato della tecnologia nell’istruzione». Anche se tutti i paesi dovrebbero accelerare le connessioni internet nelle scuole, dice il rapporto, è necessario che i dispositivi digitali non sostituiscano mai l’istruzione di qualità guidata dagli insegnanti. Eldhom va dunque avanti: mentre nel resto d’Europa i governi stanziano fondi per avere più computer nelle scuole, quello svedese ha deciso di spendere 500 milioni di corone (che corrispondono a 42 milioni di euro) l’anno per riportare i libri nelle aule, e tornare a capire quello che c’è scritto.