La Cina si schiera con i palestinesi e i Paesi islamici

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Dopo l’ambiguità dei primi giorni, la Cina si schiera apertamente a favore della causa palestinese e sostiene la coesione del mondo islamico di fronte al conflitto tra Hamas e Israele.

Il ministro degli Esteri Wang Yi, raffinata mente esecutiva delle strategie diplomatiche del presidente Xi Jinping, ha completato la svolta del Dragone in tre mosse tra Usa e, soprattutto, Arabia Saudita e Iran, i due Paesi tornati a relazioni normalizzate con la mediazione di Pechino.

Nella telefonata di sabato con l’omologo americano Antony Blinken, Wang ha bacchettato gli Stati Uniti sollecitando l’assunzione da parte di Washington di “un ruolo responsabile”, in linea con la lettura dei media statali cinesi che da giorni accusano l’America di aver schierato portaerei e jet da guerra nell’area nell’ennesima esibizione muscolare. “Il conflitto si sta intensificando e rischia di sfuggire al controllo”, ha incalzato Wang che, nel resoconto di Pechino, ha chiesto “la convocazione di un incontro internazionale il più presto possibile per raggiungere un ampio consenso” sulla creazione dei due Stati – la Palestina in aggiunta a Israele -, indispensabile per gettare le basi di una pace stabile e duratura.

Il ministro, a capo della diplomazia del Partito comunista cinese, ha avuto sempre sabato un’altra telefonata con l’omologo saudita Faisal bin Farhan Al Saud , di cui è stato fornito oggi un resoconto: la reprimenda di Wang stavolta è stata indirizzata contro Israele, le cui azioni “sono andate oltre l’ambito dell’autodifesa” mentre invece lo Stato ebraico “dovrebbe ascoltare seriamente gli appelli della comunità internazionale e del segretario generale dell’Onu sulla fine alle punizioni collettive del popolo di Gaza”. Parole dure che hanno l’obiettivo evidente di bloccare le residue velleità di rapporti normalizzati tra lo Stato ebraico e Riad

nell’ambito degli accordi di Abramo sponsorizzati dagli Usa.

Nel colloquio odierno con la controparte iraniana Hossein Amir-Abdollahian, Wang ha infine assestato il colpo finale: la Cina “sostiene i Paesi islamici nel rafforzare l’unità e il coordinamento sulla questione palestinese” al fine di parlare “con una sola voce. La comunità internazionale dovrebbe agire per opporsi alle azioni di qualsiasi parte che danneggiano i civili”, ha rincarato il capo della diplomazia cinese, chiedendo la tutela di Gaza con adeguati aiuti per prevenire una crisi umanitaria.

La svolta del Dragone non ha sorpreso gli osservatori.“La Cina ha mostrato solo un sostegno iniziale a Israele e ora, dopo aver scoperto la comune reazione musulmana, si è rivoltata completamente contro Israele per trarne un vantaggio strategico”, ha commentato Derek Grossman, analista di Rand Corporation, con un post su X. A dispetto delle lamentele del governo di Gerusalemme per la mancata solidarietà sugli attacchi di Hamas, le dichiarazioni ufficiali cinesi continuano a non menzionare il gruppo di miliziani islamici ma a definire il conflitto come tra israeliani e palestinesi.

 “Il calcolo ricorda quello sull’invasione russa dell’Ucraina”, ha notato con l’ANSA una fonte diplomatica nella capitale cinese. “In quell’occasione la Cina vide i margini per rafforzare la guida del Sud globale, visto che molti Paesi in via di sviluppo si erano mostrati freddi nella condanna di Mosca. Adesso, malgrado i legami economici e tecnologici con Israele, Pechino punta a rafforzare non solo la presa in Medio Oriente e sui 22 Paesi della Lega Araba, ma su quelli musulmani più in generale, mostrandosi più affidabile di Usa e Occidente”, ha aggiunto la fonte. Anche la soluzione dei due Stati, “la cui attuazione è ora più realistica, potrà essere rivendicata da Pechino come un suo successo”.

Intanto l’inviato speciale cinese Zhai Jun sarà la prossima settimana in Medio Oriente per premere per un cessate il fuoco e promuovere colloqui di pace. Mentre la capitale cinese sta affinando gli ultimi preparativi del terzo Forum della Belt and Road di martedì e mercoledì, nel decennale dell’ambizioso piano infrastrutturale lanciato da Xi nel 2013, con l’arrivo del presidente russo Vladimir Putin come ospite d’onore. 

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