sabato, Aprile 19

Cosa accadde a Ponzio Pilato dopo la morte di Cristo?

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Ponzio Pilato fu un prefetto romano della Giudea il cui regno fu caratterizzato da violenze di massa ed esecuzioni. Ponzio Pilato passò alla storia come l’uomo che condannò a morte Gesù Cristo.

Lui stesso ha compiuto pubblicamente un gesto simbolico e si è lavato le mani, rendendo chiaro che la responsabilità dell’esecuzione di una persona innocente ricade sul popolo. Ma cosa gli accadde dopo la morte di Cristo e come finì la sua vita?

Nel 26, Tiberio nominò Ponzio Pilato prefetto della Giudea. Si sa poco della sua vita; molto probabilmente apparteneva a una famiglia plebea.

L’aggettivo usato prima del suo nome indica che era originario del Ponto. Era un’antica terra nell’Asia Minore nordorientale (oggi Turchia), conquistata da Roma nel 63 a.C.

Che Ponzio Pilato sia realmente esistito e non sia un personaggio di fantasia è noto grazie alle testimonianze dei suoi contemporanei, alle monete del I secolo che riportano il suo nome e a un’iscrizione su una lapide commemorativa scoperta dagli archeologi. 

Una delle prime descrizioni di Ponzio Pilato è data dal teologo Filone di Alessandria, il quale definisce il prefetto della Giudea al tempo di Cristo un corrotto, incline agli insulti, al furto, agli scoppi d’ira, alle esecuzioni senza processo o indagine e anche una persona estremamente crudele.

Il compito di Ponzio Pilato come governatore della Giudea era quello di mantenere l’ordine nella provincia, ma come dimostrano le fonti storiche, spesso andò oltre la sua autorità.

Ponzio Pilato mantenne la sua carica per un periodo relativamente lungo: 10 anni. Ciò potrebbe essere dovuto alle specifiche politiche dell’imperatore Tiberio, il quale sosteneva che i frequenti cambi di governatori contribuivano alla diffusione della corruzione.

Diceva dei funzionari maleducati: “Succhiano il sangue come zanzare, ma quando sono ben ubriachi fanno meno danni. Dobbiamo avere pietà della gente e non mandare loro continuamente nuovi ladri”.

Dal Vangelo di Luca apprendiamo di un altro personaggio di questa storia: la moglie del procuratore. Preoccupata per la sorte del prigioniero catturato, dice al marito: «Non immischiarti nel caso di quest’uomo innocente, perché oggi nel sonno ho sofferto molto a causa sua» (27, 19).

L’evangelista non spiega la natura di questi sogni, ma mette in bocca alla donna parole che contrastano con le accuse che provengono da più parti. Luca non presta più attenzione alla moglie di Pilato. Tuttavia, gli apocrifi le attribuiscono un nome sconosciuto nella Bibbia: Claudia Procula.

Origene sosteneva che la donna dovesse convertirsi al cristianesimo. Tra le menzioni di Santa Nina, che fu coinvolta nell’evangelizzazione della Georgia, vi è un breve commento su questo argomento.

Si dice che Claudia abbia conservato per qualche tempo il sudario di Gesù Cristo, la cosiddetta Sindone di Torino

Se si considera che l’unica prova che racconta la sorte di Pilato sia il testo del Vangelo, le notizie su di lui scompaiono subito dopo la crocifissione e la sepoltura di Cristo.

Oltre ai Vangeli, i documenti più importanti che menzionano Pilato sono le opere di Giuseppe Flavio, Filone di Alessandria e Tacito.

Secondo gli storici Giuseppe Flavio e Tacito, Pilato fu rimosso dal governo della Giudea dopo un brutale massacro di un gruppo di Samaritani considerati ribelli. Ponzio Pilato venne inviato a Roma, dove si persero le sue tracce. Esistono diverse teorie su cosa accadde all’ex prefetto della Giudea dopo la crocifissione di Cristo: 

  • Fu giustiziato dall’imperatore Caligola;
  • Si suicidò per ordine dell’imperatore e il suo corpo fu gettato nel Tevere;
  • Divenne un seguace di Gesù e cercò persino di convertire l’imperatore al cristianesimo;

Non si hanno informazioni sulla nomina di Pilato a nessun altro incarico nell’impero. Non si hanno notizie di lui sotto il successivo imperatore, Nerone…

Del resto, l’apocrifo “Mors Pilati”, scritto molti anni dopo questi eventi, racconta una versione diffusa (soprattutto in Germania) del suicidio del prefetto, presentato come un crudele tiranno.

Come a conferma di questa versione, nell’opera “Storia della Chiesa” di Eusebio di Cesarea (IV secolo d.C.)

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