
Correva l’anno 1268, e il mondo cattolico era in modalità “senza papa” dopo la morte di Clemente IV. A Viterbo, una ventina di cardinali si riunisce per eleggere il nuovo vicario di Cristo. Ci metteranno 1006 giorni, quasi tre anni, per scegliere Tebaldo Visconti, futuro Gregorio X. Un conclave così lungo e surreale che sembra un mix tra un reality show e una sitcom medievale, con litigi, tetti scoperchiati e una città che, a un certo punto, decide di prendere in mano la situazione.
Cardinali in modalità “rimandiamo a domani”
Immaginate i cardinali, con le loro vesti rosse e le idee ben confuse, che si ritrovano nel Palazzo dei Papi di Viterbo. Sono divisi in fazioni – guelfi filo-francesi e ghibellini filo-imperiali – e ognuno ha un candidato da spingere. Il problema? Nessuno vuole cedere. Le votazioni si susseguono, ma è come scegliere il gusto della pizza in un gruppo di amici: “Io voglio margherita!”, “No, diavola!”, e alla fine niente pizza per nessuno. Per i primi mesi, i cardinali si riuniscono di giorno e tornano a casa la sera, come se eleggere un papa fosse un lavoro d’ufficio con pausa caffè inclusa. Intanto, il mondo cattolico aspetta, e Viterbo inizia a chiedersi: “Ma questi quando si decidono?”
I cittadini perdono la pazienza
Dopo un anno e mezzo di stallo, i cittadini di Viterbo, capitanati da Raniero Gatti, decidono che il gioco è durato abbastanza. Basta con i cardinali che passeggiano per la città come turisti in cerca di un buon piatto di pappardelle! Nel 1270, li chiudono a chiave nel Palazzo dei Papi – nasce così il termine “conclave”, da cum clave (con chiave). Non contenti, i viterbesi razionano il cibo: pane, acqua e arrivederci ai banchetti. E, ciliegina sulla torta, scoperchiano il tetto della sala, lasciando i cardinali a pregare sotto la pioggia. “Votate o vi lasciamo al freddo!” sembra il messaggio. Immaginate i porporati, con le loro mitre inzuppate, che cercano di scrivere schede elettorali mentre schivano le gocce. Altro che Cappella Sistina!
Un conclave da soap opera
Pensate che questo abbia accelerato le cose? Macché. I cardinali, testardi come pochi, continuano a litigare. Tre di loro muoiono durante il conclave (sì, era anche un po’ rischioso), e un altro si ritira, probabilmente pensando: “Meglio il chiostro che questo caos!” Nel frattempo, la situazione si fa sempre più assurda. C’è chi propone Filippo Benizi, un frate così umile che, appena sente il suo nome, scappa e si nasconde in una grotta. Bonaventura da Bagnoregio, altro candidato, dice “no, grazie” come se gli avessero offerto un posto in un call center. E, tanto per non farsi mancare nulla, durante il conclave scoppia un omicidio: Guido di Montfort uccide suo cugino Enrico di Cornovaglia in chiesa, un episodio così drammatico che Dante lo metterà nell’Inferno. Insomma, un conclave con più colpi di scena di una telenovela.
Finalmente un papa… che non è neanche lì!
Dopo quasi tre anni di discussioni, pioggia e fame, i cardinali, ormai allo stremo, delegano la scelta a una commissione di sei di loro. Questi, forse per sfinimento, tirano fuori un nome a sorpresa: Tebaldo Visconti, un arcidiacono piacentino che non è nemmeno prete e, soprattutto, non è a Viterbo. Dove si trova? Ad Acri, in Terra Santa, a fare il legato apostolico! Qualcuno deve aver pensato: “Se lo prendiamo da così lontano, magari non si lamenta del tetto bucato.” Un messo parte al galoppo, arriva in Medio Oriente e comunica a Tebaldo: “Congratulazioni, sei papa!” Lui, probabilmente strabuzzando gli occhi, torna in Italia, viene ordinato prete, consacrato vescovo e incoronato papa con il nome di Gregorio X nel 1272. Un’elezione che sembra il finale di un film d’avventura.
Gregorio X: “Mai più un conclave così!”
Gregorio X, memore di questa odissea, decide di mettere un freno a futuri conclavi infiniti. Durante il Concilio di Lione II, nel 1274, promulga la Ubi Periculum, una sorta di “manuale del conclave perfetto”: cardinali chiusi dentro, niente contatti con l’esterno, cibo razionato (pane, acqua e un goccio di vino dopo qualche giorno) e scomunica per chi fa il furbo. Insomma, un sistema per dire: “Votate, e fate in fretta!” I cardinali, però, non apprezzano: appena Gregorio muore, convincono il successore Adriano V a sospendere le regole. Spoiler: verranno ripristinate, perché senza un po’ di pressione (e un tetto bucato) i porporati tendono a perdersi in chiacchiere.
Una lezione dalla storia
Il conclave di Viterbo è una storia di caos, pazienza (quella dei viterbesi) e un pizzico di genio. I cardinali hanno dimostrato che anche le menti più illuminate possono incartarsi in discussioni infinite, mentre i cittadini di Viterbo si sono guadagnati un posto d’onore come “inventori” del conclave. Gregorio X, dal canto suo, ha trasformato un’elezione da circo in un processo (quasi) ordinato. La prossima volta che vedete la fumata bianca, ricordate: dietro quel fumo c’è una storia di cardinali bagnati, cittadini esasperati e un papa che, per salire al soglio pontificio, ha fatto un viaggio degno di un romanzo di Omero. E, soprattutto, ringraziamo i viterbesi: senza di loro, chissà quanto sarebbe durato ancora!