sabato, Aprile 19

Marina Calderone, sarda di Bonorva, ministro del Lavoro

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Ministro tecnico, ma molto vicina alla politica. Specialmente a destra, ma abile a tessere relazioni con tutti, come dimostra l’ampio parterre di inviti ai suoi Festival del Lavoro, arrivati alla tredicesima edizione. Marina Elvira Calderone, sarda di Bonorva in provincia di Sassari, classe 1965, laurea in Economia aziendale internazionale, è consulente del lavoro da 28 anni e presidente dell’Ordine dei consulenti dal novembre 2005

Già consigliera di amministrazione di Leonardo (ex Finmeccanica) per due mandati, dal 2014 al 2020, Calderone è titolare di Cdl, una società tra professionisti, fondata con il marito avvocato Rosario De Luca, anche lui consulente del lavoro e fino ad oggi anche membro del cda Inps. La Cdl fa consulenza alle imprese su licenziamenti, contenziosi, contrattualistica. Anche per questo la sua nomina viene recepita “in conflitto di interessi” dai sindacati, per la sua stretta vicinanza professionale al mondo delle imprese, in particolare le piccole e piccolissime.

Il marito De Luca si è dimesso questa mattina dall’incarico nel cda Inps, per evitare imbarazzi alla moglie che da ministra dovrà vigilare proprio sull’Istituto di previdenza. Istituto che per un soffio nel 2018 poteva guidare, all’epoca del governo M5S-Lega, in quota leghista, poi passato a Pasquale Tridico, in orbita cinquestelle. Calderone ha le idee molto chiare sul mondo del lavoro italiano, a partire dal suo pallino: liberare le imprese dalla burocrazia asfissiante, dai “lacci e lacciuoli” delle norme. Secondo i sindacati, anche pericolosamente quando si parla di sicurezza sul lavoro e di Durc, il documento per contrastare il lavoro nero nei cantieri e nel limbo dei subappalti. Favorevole alla massima flessibilità contrattuale (e fan del Jobs Act), dai contratti a termine a voucher, dagli stage all’apprendistato. Come pure alla licenziabilità dei dipendenti pubbliciNon ostile al Reddito di cittadinanza, purché le politiche attive – che servono per ricollocare i beneficiari in grado di lavorare – siano affidate anche alle agenzie private, non solo ai centri per l’impiego pubblici. Contraria al salario minimo per legge, perché “aumenterebbe del 20% il costo del lavoro per le imprese, 12 miliardi all’anno”. Contrarissima al recente decreto Trasparenza, perché “aggrava gli oneri per le imprese”: in agosto ha scritto ben tre lettere di fuoco indirizzate al ministro del Lavoro uscente Andrea Orlando.

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