«Insieme alla fornitura di carri armai Challenger 2 all’Ucraina, daremo munizioni tra cui proiettili perforanti che contengono uranio impoverito ». La risposta della vice-ministra della Difesa britannica, Annabel Goldie, all’interrogazione del “lord” Raymond Jollyffe del 20 marzo, ha riportato alla ribalta la spinosa questione dell’impiego dell’uranio impoverito negli scenari bellici.
L’uranio impoverito è il sottoprodotto del processo di arricchimento dell’uranio. Viene definito “impoverito” perchè durante il processo di arricchimento la percentuale dell’isotopo fissile U-235 viene ridotta dallo 0,7% allo 0,2%. Ha una radioattività corrispondente a meno del 60% di quella dell’uranio naturale. L’uranio allo stato naturale non ha la durezza del tungsteno, ma può essere indurito. Alla fine si forma un unico grande cristallo metallico, una struttura fortissima, che ha il vantaggio di costare meno del tungsteno e di avere un impatto devastante sugli obiettivi colpiti, per esempio i carri armati nemici. Le armi all’uranio impoverito sono da sempre anche il simbolo di un grande successo tecnologico. «Nel 1984 gli statunitensi avevano fatto ricerche sul Du usato come contrappeso nei bilancieri degli aerei», spiega Stefania Divertito, giornalista e autrice di “Uranio, il nemico invisibile” (Infinito edizioni), che nei primi anni Duemila segui’ i ricorsi dei militari italiani che si ammalarono di cancro dopo le missioni in Kosovo. «Si era verificato un incidente e alcune squadre erano state impiegate per recuperare il materiale fuoriuscito. In un documento del Los Alamos National Laboratory del 1 marzo 1991 si scriveva: L’uranio ha una modesta emissione di radioattività, le particelle emesse sono di tipo alfa. Esplodendo nebulizza nell’aria un aerosol di polveri chimicamente tossiche. Se ingerite, queste polveri possono danneggiare gli organi interni». Ricorda Divertito: «Lo ha affermato l’Oms nel gennaio 2003: nei luoghi soggetti a bombardamento, i bambini mentre giocano possono ingerire piccole particelle di suolo contaminato. Le persone che vivono o lavorano in aree bombardate possono inalare particelle contaminate o consumare acqua e cibo contaminato. Sebbene l’uranio sia debolmente radioattivo, se viene inalato in una quantità molto alta allora può esserci rischio di cancro». Gli effetti delle armi di questo tipo sono micidiali, per i i militari che subiscono gli attacchi, ma anche per le popolazioni che abitano quei territori, anche molti anni dopo la fine di un conflitto.