Speculazione, la Sardegna resta sotto attacco

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Speculazione – Assalto eolico e fotovoltaico: alla Regione imposto più del triplo della potenza necessaria rispetto al fabbisogno.

Non c’è niente da brindare. Dietro quell’intesa sventolata a favore di telecamere come una vittoria, c’è una sconfitta sonora per la Sardegna e non solo. Lo dicono i numeri, devastanti per l’Isola, lo fanno intendere norme cancellate per farne “vivere” altre, più devastanti e compromettenti, lo racconta il dietro le quinte di accordi che sanno di via libera alle insidie più nefaste della speculazione eolica e fotovoltaica, in terra e in mare di Sardegna.

Chi vince, chi perde

Un decreto legge volutamente fumoso, equivoco e subdolo, capace di aprire le porte a speculatori senza pace, pronti a bussare alle porte dei Tribunali di ogni ordine e grado pur di insidiarsi nel “non detto”, “non scritto”, nel “non vietato”. Da una parte il Governo che fa finta di accettare le richieste delle Regioni, dall’altra le Regioni che fingono di aver vinto pur sapendo di aver perso. È il gioco delle parti, molte delle quali non sono insensibili al potere consolidato e invasivo delle multinazionali di Stato e ai grandi potentati finanziari internazionali. Il Decreto sulle “aree idonee” è un concentrato di ambiguità, l’esatto contrario di un provvedimento di legge chiaro e definito.

Imposizione di Stato

In quelle 14 pagine di “Intesa Stato-Regioni” prevale su tutto la logica dell’interpretazione delle norme, annientando del tutto la certezza del diritto. Un dato è, però, certo, quello riportato in una tabella all’articolo due del provvedimento. Secondo algoritmi scritti da chissà chi, mai contestati dalla Regione, si è trasformata una bieca imposizione di Stato in un’intesa da “volemose bene” dell’ultim’ora, come se bisognasse illudere tutti che quei numeri fossero superflui. In realtà è l’esatto contrario. I seimila e duecento megawatt di potenza “elettrica” rinnovabile da produrre entro il 2030, previsti nel decreto sulle «aree idonee», assegnati alla Sardegna, o meglio imposti dal Governo e, poi, accettati dalla Regione, sono il primo grande sfregio energetico, ambientale e autonomistico inferto all’Isola.

“Vulnus” grave

Aver accettato, attraverso l’Intesa, quei numeri costituisce un “vulnus” di una gravità inaudita perché impedisce alla Regione di impugnare davanti alla Corte Costituzionale una palese discriminazione oggettiva che si ripercuote gravemente sull’intero territorio sardo, sia per quanto riguarda l’impatto ambientale e paesaggistico, che archeologico-culturale. Un riparto “inventato” e “imposto” dai Palazzi di Roma, e accettato da quelli di Cagliari, con l’obiettivo evidente di far gravare sulla Sardegna gli obblighi comunitari imposti all’Italia. Del resto, Governo e lobby, hanno preferito scaricare quelle potenze elettriche sui Paesaggi sardi, piuttosto che “disturbare” le colline laziali o le spianate della Pianura Padana. Hanno preferito imporre alla Regione sarda, che supinamente ha accettato, più del triplo del suo fabbisogno, pur di non far svettare le pale eoliche da 200 metri sulle Alpi o sugli Appennini.

Pezza peggiore del buco

In viale Trento, sede della Presidenza della Regione, di quella “discriminazione”, sono ben consapevoli, a tal punto che, pur di tentare di alleviare lo sfregio, hanno “spacciato” come una conquista la decisione di “compensare” quei 6.000 megawatt assegnati alla Sardegna con un’altra clausola suicida: le pale eoliche a mare saranno scomputate al 100% da quel dato. Una pezza peggiore del buco: in pratica un via libera all’invasione del mare sardo.

Decreto “bucato”

Il decreto sulle aree idonee, però, riserva ulteriori e ancor più gravi pericoli. Il primo è quello sulla valanga di progetti già presentati sulle aree agricole dell’Isola. Nella penultima stesura del testo governativo era stato previsto un fantomatico articolo «dieci» in cui si disponeva che tutta quella miriade di progetti si sarebbe dovuta valutare con le norme “previgenti” al momento della presentazione degli stessi. Dunque, nessun limite all’assalto ai campi agricoli della Sardegna, viste le richieste di connessione elettrica per ben 70.000 ettari di pannelli, ovviamente cinesi, da “piantumare” nelle migliori aree agricole dell’Isola. Quell’articolo «dieci», poco prima dell’intesa, però, è magicamente scomparso. Le Regioni, quella sarda per prima, hanno gridato alla vittoria. Il Governo, invece, ha sorvolato, abbozzando. Ne avevano ben donde i Ministri del Governo Meloni a non commentare quell’apparente soppressione. In realtà, si trattava semplicemente di un “fuori gioco”, visto che quella stessa norma, che prevedeva l’esame dei progetti presentati con le vecchie disposizioni, è pienamente vigente grazie all’articolo cinque del decreto-legge n.63 del 15 maggio scorso. Un inganno o un’intesa sottobanco? Di certo le Regioni non volevano assumersi l’onere “politico-istituzionale” di “avvallare” tutti i progetti presentati. Per questo motivo hanno scelto la formula della “vacatio legis”, ovvero nessuna norma su quel punto, per consentire la piena vigenza del decreto sulle aree agricole varato lo scorso mese.

Doppio gioco

Un fatto gravissimo: per le Regioni, infatti, sarebbe stato più che un obbligo rivendicare una norma “forte e chiara” per imporre ai progetti già presentati una disciplina più restrittiva e vincolistica. Ancor più grave è stato sventolare la bandiera della vittoria, su una palese sconfitta. A questo si aggiunge il persistente “equivoco” tra il fotovoltaico e l’agrivoltaico.

Regalo ai cinesi

Nel decreto «aree idonee», infatti, si sostengono apparenti limiti al fotovoltaico nelle aree agricole, ma si sorvola sull’agrivoltaico lasciato senza regole, come se si trattasse davvero di un investimento a cavallo tra il settore agricolo e quello energetico. Per sfatare questa “mistificazione” basta richiamare il progetto dei cinesi nella piana della Nurra: mille ettari di agrivoltaico. La realtà è ben altra: sotto quei pannelli, sollevati abbondantemente da terra, dunque molto più impattanti sul paesaggio, non si produce niente, solo ombra e depauperamento irreversibile dell’humus terrestre.

«Massimizzazione»

Infine, il vulnus delle «aree idonee» che le Regioni dovrebbero individuare. Anche in questo caso si è gridato al successo: la realtà è ben altra. Che le Regioni dovessero svolgere questo compito è scritto “apertis verbis” nel famigerato decreto Draghi del 2021, dunque nessuna novità all’orizzonte. Quel che conta sono i margini che il Decreto lascia alle Regioni. Il primo concetto del decreto è scritto senza fronzoli: «Per l’individuazione delle aree idonee tengono conto della massimizzazione delle aree da individuare al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di cui alla Tabella A dell’art.2». Il concetto è chiaro: «Massimizzazione». Il resto solo parole al vento.

articolo di Mauro Pili

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