Da Saccargia a Pratobello, per salvare la Sardegna

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Orgosolo, non per caso. La “fascia” sarda è quella del Sindaco, Pasquale Mereu, la storia è quella delle imposizioni di Stato che si ripetono, da Pratobello a Saccargia e ritorno. Allora, erano giugno e luglio del 1969, i Palazzi di Roma avevano deciso di occupare militarmente i pascoli della Barbagia, con tanto di baionette e mezzi pesanti. Ne volevano fare una sorta di Teulada in mezzo al Gennargentu, un pò per far sentire il peso dello Stato nell’Isola “ribelle”, un pò per completare l’opera di trasformazione della terra dei Nuraghi in quella delle servitù.

Il No alle imposizioni

Gli andò male. Le donne e gli uomini, figli di quei paesi, si ribellarono, antesignani in terra sarda della pacifica marcia del sale di ghandiana memoria. Già all’alba di quei giorni lasciarono le viuzze del paese per raggiungere e occupare, mano nella mano, quei ridenti pascoli alle pendici del “grande monte”. Faccia a faccia, schiena dritta, testa alta e occhi sbarrati. Sino alla resa incondizionata delle stellette, costrette ad abbandonare “il paese-murales”, quello della Rivolta pacifica di Pratobello. I manifesti di Stato, con tanto di decreto di occupazione, caratteri cubitali su carta impecorita dal tempo, ora sono in una teca muraria nel municipio di Orgosolo, perenne memoria e indomito monito per il futuro. È qui, nei quartieri della Beata Antonia Mesina, dei murales del grande fermento artistico e rivoluzionario, che si è iniziata a scrivere una nuova pagina della “moderna” lotta del Popolo Sardo alla nuova imposizione di Stato, quella della servitù energetico-speculativa, decisa, oggi come allora, nei potenti Palazzi di Roma. Rompe gli indugi il Sindaco di Orgosolo, Pasquale Mereu, sangue orgolese, sardista nell’anima, poco incline ai 

salamelecchi, schietto e deciso. È lui che prende l’iniziativa di proporre una legge di iniziativa popolare.

La legge di Pratobello 

Diventa subito la «Legge di Pratobello», per le analogie con quella storica rivolta popolare. Lo diventa non solo per il richiamo al luogo, ma soprattutto per i due elementi chiave di questa storia: le imposizioni di Stato, ieri come oggi, e la reazione democratica e popolare per respingere l’occupazione. Segue “il metodo dei Murales”, Pasquale Mereu: quello del dialogo, del coinvolgimento dei Sindaci, dei comitati, dei cittadini, delle associazioni. Per farlo consegna e divulga il testo di quella proposta di legge che traccia una strada forte e chiara, decisa e senza tentennamenti, l’unica per bloccare l’invasione di pale eoliche e infinite distese di pannelli fotovoltaici nella terra di Sardegna, a partire da quelle multinazionali che vogliono sfregiare per sempre il proscenio di Orgosolo e del Gennargentu, del Montiferru, della Planargia, del Sulcis, della Marmilla, del Logudoro e del Campidano.

Ha coraggio il Sindaco: la legge appena approvata dal Consiglio Regionale non blocca niente, anzi consente ai faccendieri di farsi approvare i loro progetti lasciandoci disarmati, con le spalle al muro. È per questo motivo che la proposta di legge di iniziativa popolare avanzata dal primo cittadino di Orgosolo, ora all’esame dei comitati e degli amministratori che vorranno eventualmente integrarla, ha un caposaldo imprescindibile: la competenza primaria della Regione sarda in materia «urbanistica». Una filosofia di fondo senza orpelli, senza perdite di tempo, senza varchi per i signori delle pale e dei pannelli. Una legge strategica, con effetto immediato, che cancella tutto ciò che non decide, tutto ciò che è transitorio, annientando subdoli varchi per speculazioni nefaste, per dare certezze ai Comuni, ai cittadini e ai territori. La premessa è la totale inefficacia della norma appena varata dal Consiglio Regionale. Non blocca gli iter autorizzativi, consente a multinazionali e faccendieri vari di ottenere ogni genere di autorizzazione, non ne blocca nemmeno «la realizzazione» visto che tutti i cantieri in Sardegna, quelli che si stanno aprendo, quelli appena iniziati e quelli ad uno stadio avanzato, marciano tutti a pieno ritmo senza che nessuno li abbia bloccati, o abbia intenzione di farlo, nonostante la legge sia già entrata in vigore.

Norma urgente

Per questo motivo serve subito una norma urgente, efficace, capace di restituire immediatamente alla Regione la propria “potestà” legislativa nel «Governo del Territorio», materia primaria affidata alla Sardegna attraverso l’art.3 lettera «f» dello Statuto Sardo, l’unica materia che la Corte Costituzionale, nell’ultima sentenza del 7 giugno scorso, ha giudicato inespugnabile, nonostante il ricorso proposto da Palazzo Chigi.

I punti fermi 

Il ragionamento della «Legge di Pratobello» è scandito da punti fermi. La prima questione è quella delle competenze: in ballo ci sono la “Tutela del Paesaggio e Beni Culturali” e la materia “Urbanistica”. La prima è una competenza da “condividere” con lo Stato, la seconda è norma di competenza primaria in capo alla Regione Autonoma della Sardegna. La Legge approvata dal Consiglio Regionale fonda tutto sulla materia della “tutela”, da condividere con Roma, prevedendo un regime transitorio in cui, per appena 18 mesi, esisterebbe solo un “divieto di realizzare” pale eoliche e pannelli fotovoltaici. Una norma 

che non ferma in alcun modo le procedure autorizzative mettendo la Sardegna sotto una “bolla autorizzativa” che dopo un anno e mezzo vedrebbe l’Isola invasa senza alcun tipo di ostacolo. Una disposizione che non ferma di fatto nemmeno le realizzazioni, visto che non si può bloccare ciò che è stato già autorizzato, se non esplicitamente annullato, con tutte le conseguenze del caso. La competenza della Sardegna sulla Tutela del Paesaggio, infatti, seppur chiaramente sancita dalle norme di attuazione del 1975, dal 2007 in poi, come acclarato nel 2021 dalla Corte Costituzionale con la sentenza 257, è stata erosa, dividendola in modo asfissiante con lo Stato, sempre più invasivo e preminente, sino a cancellarla di fatto.

La supremazia di Stato

A questo si aggiunge un ulteriore elemento che rende totalmente inutile la legge appena varata: lo Stato, infatti, con diverse norme, non ultima quella del “Testo Unico sulle procedure autorizzative” ha ribadito che le energie rinnovabili, pale e pannelli, hanno la “preminenza” assoluta sia su paesaggio che beni culturali. Un tema, quello della supremazia delle “rinnovabili”, rispetto ai valori compresi nell’art.9 della Costituzione, già acclarato da sentenze sia costituzionali che amministrative rendendo di fatto inutile il tentativo di scardinare quell’impostazione con una materia tra le altre cose “condivisa” con lo Stato. In tutti i dispositivi giudiziari e legislativi in materia di “rinnovabili, però, si fa salva la competenza “urbanistica” che nel caso della Sardegna è primaria, dunque non scavalcabile con norme o decreti ordinari dello Stato. È su questo punto nevralgico che si fonda la proposta di legge ora al vaglio di Comuni e comitati.

Tempi urgenti

Non ci sarà molto tempo, perchè Roma ha deciso di accelerare tutte le pratiche per l’invasione dell’Isola. Per trasferire l’iniziativa popolare in Consiglio Regionale serviranno almeno diecimila firme, ma Sindaci e Comitati potrebbero aspirare ad una valanga di adesioni di molto superiore proprio per dare ancor più peso all’azione partita “dal basso”, con un coinvolgimento diffuso dei sardi. La differenza tra la legge approvata dall’assemblea sarda e quella avanzata ad Orgosolo è sostanziale. La prima, quella approvata, decide di non decidere, spostando le lancette tra 18 mesi, rischiando nel frattempo una valanga di autorizzazioni, affidandosi al grande imbroglio delle aree idonee, visto che per legge anche quelle «non idonee» sarebbero idonee, seppur con procedure autorizzative ordinarie. La seconda, quella di «Pratobello» usa la norma urbanistica per «vietare» all’invasione eolica e fotovoltaica tutte le aree che già oggi sono dichiarate «non idonee», ma sulle quali, però, si può fare di tutto e di più.

Il potere di decidere

La norma «urbanistica» proposta ad Orgosolo, che pubblichiamo nelle pagine successive, restituisce di fatto alla Sardegna il potere di decidere sul “governo del territorio”, proponendo soluzioni innovative, come l’isola dell’Idrogeno per perseguire la totale “indipendenza” energetica dell’Isola. Non si tratta di un No alle energie rinnovabili, ma l’esatto contrario, con la gestione diretta da parte dei sardi di quella risorsa, senza consentire speculazione e devastazione dell’Isola. Per questa ragione l’obiettivo sono Comunità energetiche comunali, intercomunali, provinciali e regionali, governate dal pubblico, con incentivi economici e procedurali. Si punta sulle migliori tecnologie per sfruttare, ad impatto paesaggistico zero, tutte le infrastrutture pubbliche lineari, dalle strade a scorrimento veloce a ferrovie e piste ciclabili. Una “Via Sarda” per il Governo del territorio e il corretto sviluppo “pubblico” delle energie rinnovabili.

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