Giorgia Meloni, in un intervento sul Corriere, punta il dito contro le “gravi responsabilità da parte dell’attuale governo, insieme a quelli che si sono succeduti negli ultimi anni”. Interventi mancati alla base della “crisi idrica che sta mettendo in ginocchio le produzioni industriali e agricole e fra poco anche il semplice uso domestico dell’acqua”.
Secondo la leader di FdI, “non hanno prestato ascolto non solo agli allarmi provenienti da diverse parti, ma anche a uno studio, dello scorso marzo, della Commissione Europea, riguardante la Pianura Padana. Quello che oggi viviamo è conseguenza di inadempienze ben precise, figlie di interventi non fatti, che sicuramente avrebbero reso la situazione di oggi un po’ meno drammatica, a voler esser buoni“.
“Chiamiamo i problemi per nome: la distribuzione italiana fa ‘acqua da tutte le parti’ con un tasso di perdita di circa il 40 per cento, sia per l’uso potabile che per quello irriguo. È fondamentale, quindi, che nelle prossime settimane il governo passi dalle parole ai fatti per sbloccare rapidamente le risorse economiche. Rispetto ai 6,5 miliardi di euro di interventi stanziati per il settore idrico tra Pnrr e fondi per le politiche di coesione risultano impegnati, con bandi di gara già affidati, solo 275 milioni di euro: di questi appena 30 sono stati già spesi, con il rischio che buona parte delle risorse previste vengano disimpegnate tra il 2022 e il 2023“.
“Occorre attuare urgentemente le procedure istruttorie e approvative per migliorare la rete di distribuzione, attraverso un ‘piano invasi’ a livello territoriale, così come occorre investire sull’evoluzione tecnologica del doppio invaso e del pompaggio idroelettrico in modo da ottimizzare l’uso della risorsa idrica per produrre energia”, spiega Meloni. “Ma c’è anche un’altra tecnologia che ha fatto passi da gigante negli ultimi anni e che dovrebbe essere maggiormente sviluppata in Italia: la desanilizzazione del mare, anche per produrre acqua potabile”.
E ancora: “Il riscaldamento globale, le caratteristiche morfologiche della nostra penisola e le buone prassi osservate in tante nazioni ci impongono di puntare forte su questa tecnologia. Purtroppo il governo sembra di tutt’altro avviso. Nella cosiddetta ‘legge salva mare’, ha persino posto una serie di ostacoli burocratici che rendono ancora piu’ lungo e tortuoso l’iter autorizzativo per i dissalatori. Un autogoal senza alcuna ragione ambientalista, nè logica di sviluppo. Oggi abbiamo bisogno di far partire tutto e velocemente e di operare vere semplificazioni normative e burocratiche”.