Le trame contro il centrodestra

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Sarebbe un grave errore se il centrodestra si concentrasse, nella sua campagna elettorale, solamente sul “nemico interno”, vale a dire se pensasse solo a contrastare le idee e le proposte del Pd, dei Cinque Stelle e di centristi vari. La battaglia sarà molto più difficile e in salita per la presenza di un agguerrito “fronte esterno” di nemici, generatisi negli anni per la specificità stessa dell’evoluzione della nostra società e della nostra politica. E non poco anche, va detto per onestà intellettuale, per l’insipienza della stessa destra che ha sottovalutato molti di questi “nemici esterni” concentrandosi solamente sui tempi brevi o brevissimi della politica. È stato un errore che, da qui al 25 settembre, e anche oltre, converrebbe non ripetere, anche perché, nonostante la calura di questi giorni e dei prossimi, questi nemici stanno già riscaldando i motori. Proviamo ad elencarne alcuni, solo i maggiori, ovvero quelli che possono fare più danni.

Il nemico europeo

1. Il primo e più agguerrito nemico del centrodestra sarà l’Unione Europea. Non perché i partiti che compongono la nostra alleanza siano antieuropeisti ma perché credono che il progetto europeo debba svilupparsi in un modo diverso da come si sia sviluppato negli ultimi trent’anni, cioè come era negli ideali fra l’altro di non pochi dei cosiddetti Padri fondatori. In particolare, con l’attuale Commissione presieduta da Ursula – una sorta di “campo largo” che include anche i centristi e moderati del Ppe, ma che è egemonizzato culturalmente dalla sinistra relativista e post-moderna che si è affermata con la globalizzazione – si è cercato di far passare surrettiziamente il concetto che questa visione ia tout court la visione di chi crede nello Stato di diritto o, come meglio sarebbe dire, “dei diritti”. E non, come effettivamente è, una visione legittima come l’altra che vede un’Europa patria comune e solidale delle libertà e diversità nazionali, e che crede in una politica gradualista e riformatrice e non costruttivista come è quella portata avanti in questo momento a Bruxelles.

Un tentativo subdolo che si fonda, fra l’altro, sul predominio a Strasburgo di una maggioranza risicata, che poté crearsi tre anni fa, non dimentichiamolo, grazie ai decisivi voti dei nostri grillini. È evidente che la delegittimazione a priori di un governo di centrodestra da parte di chi governa oggi l’Unione Europea potrebbe avere effetti non secondari sulla stabilità italiana e sulla nostra stessa ripresa economica. Al centrodestra italiano tocca chiarire alcune ambiguità, allontanarsi da certi vecchi demagogismi e velleitarismi, lavorare sul Partito Popolare per sganciarlo da verdi e socialisti (nonché cosiddetti “liberali”) mettendo in evidenza le contraddizioni della “linea Merkel” con la sua tradizione e la sua storia.

Il “sistema Palamara”

2. Un fronte esterno alla politica, o che almeno dovrebbe esserlo in punta di principio, ma che, nelle sue frange più attive e politicizzate, si muoverà senza dubbio anche questa volta per ostacolare l’ascesa del centrodestra, sarà ovviamente quella della magistratura. Nelle prossime settimane sono da aspettarsi, come accade da anni e come è accaduto con particolare veemenza ancora nelle ultime amministrative (pensate solo al caso del povero Morisi), “inchieste ad orologeria” e imputazioni a personalità eminenti della nostra parte politica. Le accuse saranno sicuramente presentate come gravissime dai media nazionali per poi sgonfiarsi e mostrarsi inconsistenti quando sarà passata la buriana. È una fenomenologia che ben conosciamo e che Alessandro Sallusti ha efficacemente illustrato e definito come “sistema Palamara”. L’unica consolazione, in questo caso, è che ormai molti italiani hanno capito il gioco e, nonostante la lobby dei magistrati politicizzati conservi tutta la sua forza d’urto, si sono fatti più avveduti.

Le campagne della stampa progressista

3. Da non sottovalutare poi il ruolo che svolgerà, soprattutto a livello di opinione pubblica internazionale, il network globale della stampa progressista. In questo caso, l’arma retorica che sarà usata è quella del “pericolo fascista”. Il New York Times, ad esempio, ha già iniziato l’altro giorno le danze, puntando i suoi riflettori ovviamente su Giorgia Meloni. Anche questo è un fenomeno non nuovo, una strategia di attacco premeditato già sperimentata in passato con Berlusconi. All’origine di questo fenomeno ci sono a mio avviso diversi fattori:

a) il fatto che la politica italiana, che francamente è piena non da oggi di tatticismi e bizantinismi, non è facilmente compresa da chi della politica ha una visione più semplice e lineare. Per costoro catalogare delle forze come “fasciste” semplifica enormemente la vita;

b) affinché ciò accadesse hanno negli anni lavorato tutti quegli intellettuali formatisi nel clima del Sessantotto italiano che sono emigrati per fare la loro carriera accademica nei campus e nei centri del potere intellettuale mondiale (soprattutto nelle università anglosassoni). Non dimentichiamo che già a metà degli anni Novanta, forte dei riconoscimenti ottenuti nel campo della semiotica e degli studi culturali, Umberto Eco diffondeva in America la teoria di un Ur-fascismus, o “fascismo eterno”, che, come una tara genetica, marchierebbe ancora oggi gli italiani. La genìa degli italiani “anti-italiani” ha poi agito e agisce ancora oggi con forza straordinaria, interessata, secondo l’ideale gramsciano dell’intellettuale organico, non a far capire il nostro complesso Paese agli altri ma a favorire, per via indiretta, la parte politica di elezione in Italia (con la quale hanno mantenuti stretti contatti, quasi “agenti segreti” della sinistra in terra straniera);

c) il fatto che i corrispondenti e inviati a Roma delle maggiori testate entrano subito nel giro culturale della stampa progressista italiana e cominciano a informarsi non parlando con le persone, o facendo serie inchieste, ma captando gli umori prevalenti nei vari circoli radical chic e terrazze romane che frequentano.

Ovviamente, l’elenco potrebbe continuare a lungo. La domanda che ci sta a cuore è se i dirigenti del centrodestra siano consapevoli della forza di questi “nemici esterni” e se abbiano messo in atto strategie per smussarne gli attacchi. Conoscendoli, ci sia lecito dubitarne.

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