«Non farlo, non farlo. Se lo facessi il volto della guerra cambierebbe». In una intervista Biden si è rivolto direttamente a Putin per chiedergli di non usare armi chimiche o nucleari. «Leggete la nostra dottrina, è tutto scritto là», gli ha risposto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Il che non è del tutto una risposta incoraggiante, dal momento che il citato documento prevede, tra l’altro, l’uso di armi nucleari tattiche in caso di aggressione contro la Federazione Russa che metta a repentaglio non solo «l’esistenza» ma anche «la sovranità e l’integrità territoriale dello Stato». E dal momento in cui la Crimea è considerata annessa, una ulteriore spinta offensiva ucraina non solo su Kherson ma anche oltre potrebbe appunto comportare questa evenienza.
LE RAGIONI DELLA CRISI
Chiaramente, la Russia si trova con l’acqua alla gola: sia per la inferiorità numerica delle proprie truppe, sia per la sempre maggior difficoltà della propria produzione bellica, con le sanzioni che colpiscono in particolare la disponibilità di chip e di componenti tecnologiche; sia per le sempre maggiori forniture militari che invece continuano a rafforzare l’apparato militare ucraino. Secondo l’intelligence britannica, ormai i russi non avrebbero più le riserve per sostenere una nuova offensiva ucraina.
Dopo i fronti di Kharkiv e di Kherson anche a Luhansk continuano a perdere terreno, con l’occupazione di Shchurove. E Donestk viene bombardata. E inoltre l’attività di partigiani e forze speciali nelle loro retrovie è sempre più micidiale. Raschiando il fondo del barile, i russi stanno ritirando a rotta di collo truppe da un po’ dappertutto. In Siria hanno dunque invitato Assad a trattare con Erdogan, che per conto suo capitalizza come può: vende armi all’Ucraina appoggiando anche la rivendicazione della Crimea; compra gas e petrolio dalla Russia a prezzo scontato anche pagando in rubli; fa da mediatore; ricatta la Nato sugli esuli curdi in Svezia e Finlandia minacciando il veto alla loro adesione; dice che vuole aderire come membro pieno alla Organizzazione della cooperazione di Shanghai (un Paese Nato sarebbe così formalmente alleato con Russia e Cina); appoggia l’Azerbajian che attacca l’Armenia, dopo che le forze russe di interposizione sono state ritirate.
L’Azerbajian approfitta pure chiaramente del fatto che l’Occidente ha bisogno del suo gas al posto di quello russo e per questo sui Social non mancano i filo-Putin che accusa lo stesso Occidente di aver dimenticato il genocidio armeno e di volerne anzi favorire uno nuovo. Ma il punto è che da una parte l’Armenia ha chiesto l’intervento russo a propria difesa ai sensi di quell’alleanza militare Csto di cui sia Mosca che Erevan fanno parte, e il Cremlino non ha risposto. Dall’altra al vertice di Samarcanda Putin si è mostrato nelle foto cordialissimo proprio con l’azero Aliev e con Erdogan, oltre che con il bielorusso Lukashenko e con l’iraniano Raisi. Insomma, l’Armenia si è trovata abbandonata, e adesso cerca affannosamente di riparare. Contatti con Blinken; contatti con Macron, che avendo il nucleare dipende meno dal gas azero ed in più risponda a una storica tradizione francese (e Usa) di rapporti con l’Armenia; e il viaggio di Nancy Pelosi. Non ci sono però solo i 135 caaduti degli scontri tra armeni e azeri, ma anche i 24 morti e 136.000 sfollati di quelli tra Tagikistan e Kirgizistan, area da cui pure i russi stanno ritardo truppe. E in Abkhazia il ministro degli Esteri Inal Ardzinba ha detto di temere un imminente attacco georgiano.
SFERA DI INFLUENZA
È grazie al pesante appoggio russo se Abkhazia e Ossezia del Sud prima sono riuscite a diventare indipendenti dalla Georgia, e poi nel 2008 hanno sventato un tentativo di riconquista. Se la Russia non è più in grado di difenderle, il loro futuro si fa quanto mai incerto. Insomma, invece di riannettersi l’Ucraina, Mosca sta perdendo il controllo sulla propria sfera di influenza. Per questo, teme Biden, la tentazione di una botta da matto nucleare alla Dottor Stranoamore da parte di Putin potrebbe farsi sempre più irresistibile. La Russia farà di tutto per porre fine al conflitto in Ucraina «il più rapidamente possibile», ma Kiev si «rifiuta di negoziare», ha detto Putin a Samarcanda. La risposta di Kiev è arrivata dal consigliere di Zelensky, Mykhailo Podolyak: «la risoluzione del conflitto è estremamente semplice. Ritiro immediato delle truppe russe dall’intero territorio ucraino». Putin però insiste: il piano dell’operazione militare speciale russa in Ucraina «non è soggetto ad aggiustamenti», e la Russia «non ha fretta».